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Medicina

Transaminasi e celiachia

Sono stata diagnosticata celiaca a 38 anni e con dermatite erpetiforme (tanti anni comunque persi perchè non sapevano cosa fosse)
Ho sempre avuto le transaminasi sballate e ho capito poi che erano collegate alla celiachia. Il colesterolo invece è sempre stato sotto il minimo. Da quando invece ho iniziato la dieta nel 2000 ogni anno che passava il colesterolo è aumentato fino ad arrivare ad oggi a 248 e le transaminasi sono leggermente mosse. Mi hanno detto che probabilmente è una steatosi epatica dovuta ad accumulo di grasso nel fegato, dovuto anche agli alimenti dietetici perchè sono molto più grassi. E’ vero tutto ciò?

Risposta del Prof.Umberto Volta:

Il rapporto transaminasi-celiachia è stato uno degli aspetti di cui mi sono occupato maggiormente in questi ultimi anni, per cui ho letto con interesse quanto scrive la Sig.ra. Sono perfettamente d’accordo sul fatto che l’ipertransaminasemia senza una causa eziologica nota sia un possibile segno di presentazione di celiachia ed il suo manifestarsi è imputabile ad un aumentato passaggio di antigeni alimentari attraverso la barriera intestinale (con incrementata permeabilità nella celiachia) ed al loro successivo arrivo attraverso il circolo portale al fegato con conseguente citonecrosi epatica. Abbiamo dimostrato con numerosi contributi scientifici che la dieta aglutinata stretta normalizza i valori delle transaminasi nel giro di 3-6 mesi. Ma il dato veramente interessante che abbiamo osservato, ed in questo sono pienamente d’accordo con la paziente celiaca, è che a distanza di un periodo variabile da 10 a 14 mesi di dieta senza glutine il 40% dei pazienti celiaci che avevano esordito con il rialzo delle transaminasi e che avevano presentato successiva normalizzazione delle stesse, presentavano nuovamente segni di citonecrosi epatica con movimento delle transaminasi fino 1.5 x-2x. Tutti questi pazienti presentavano all’ ecografia del fegato una ecostruttura epatica addensata indice di steatosi epatica, non presente prima dell’inizio della dieta senza glutine. Solo in alcuni casi era presente un significativo aumento ponderale. Il rialzo delle transaminasi è riferibile in questi pazienti alle modificazioni metaboliche epatiche indotte dall’ elevata quantità di lipidi contenuta in alcuni cibi senza glutine. In pratica, se l’alimentazione è particolarmente sbilanciata verso il consumo di prodotti dietoterapeutici il celiaco è esposto al rischio di sviluppare una NASH, cioè una steatoepatite non alcoolica. Tali dati sono riportati in particolare nel lavoro “Anti tissue transglutaminase antibodies as predictors of silent coeliac disease in patients with hypertransaminasaemia of unknown origin”, pubblicato su Digest Liver Dis 2001; 33:420-425 (U. Volta et al.)

Prof. Umberto Volta

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Protocollo di reintroduzione del glutine – Board Comitato Scientifico AIC

Come reintrodurre il glutine nella dieta prima di effettuare la diagnosi di celiachia? 

Accade sempre più frequentemente che qualcuno, dopo aver seguito una dieta senza glutine anche per anni (per diagnosi poste dai medici curanti senza avere seguito il protocollo, diagnosi fai-da-te, suggerimenti di amici e parenti ecc), debba o voglia verificare se è realmente affetto da celiachia.

Tuttavia non esiste ad oggi una procedura standardizzata di reintroduzione del glutine in questi casi. Finora si è proceduto secondo una pluralità di approcci.

Considerato questo, il Board del Comitato Scientifico AIC ha redatto un protocollo che definisce ed uniforma i tempi e le modalità di reintroduzione del glutine nella dieta prima di procedere con gli accertamenti diagnostici sierologici e strumentali. Questo protocollo, consultabile al link in calce, presenta due diverse tempistiche, una per gli adulti e una per l’età pediatrica, e va eseguito sotto stretto controllo del medico.

In ogni caso, il primo stadio è valutare se il soggetto sia a rischio da un punto di vista genetico, cioè portatore dei geni DQ2/8. La dieta libera prevede che si consumi almeno una porzione di alimenti contenenti glutine ai tre pasti principali.

Il Board scientifico di AIC invita a non iniziare mai una dieta senza glutine di propria iniziativa: si impedirebbe al medico la possibilità di fare diagnosi di celiachia con certezza. Tuttavia, se attualmente ci si trova in dieta senza glutine da diversi mesi/anni e si desidera arrivare ad una diagnosi certa di celiachia, si invita a far leggere il protocollo di reintroduzione del glutine e successive iter diagnostico al proprio medico di famiglia/specialista.

Il Board del Comitato Scientifico AIC è contattabile da parte dei medici curanti per eventuali richieste di informazioni (ufficioscientifico@celiachia.it).

Non sono celiaca ma…

Presento vari disturbi che scompaiono eliminando il glutine dalla mia dieta, ma gli esami dicono che non sono celiaca, come mai?

Risponde : Prof. Antonio Calabrò consulente scientifico dell’A.I.C.:

i sintomi da lei denunciati sono molto vaghi e aspecifici e come tali potrebbero essere ascrivibili a patologie diverse (ad esempio oltre che alla malattia celiaca anche ad una sindrome da intestino irritabile);
alcuni elementi quali il menarca ritardato (a 20 anni), la stanchezza cronica, il gonfiore, i rumori (borborigmi) addominali e la buona risposta al tentativo di esclusione del glutine dalla dieta (cosa che tuttavia non andrebbe mai fatta prima di essere giunti ad una chiara diagnosi) tenderebbero ad avallare il sospetto clinico di celiachia, ma il dosaggio degli anticorpi anti-gliadina, anti-endomisio e anti-transglutaminasi ha fornito un risultato negativo (non è chiaro peraltro quanto tempo è durata la dieta priva di glutine e se gli anticorpi siano stati dosati durante o subito dopo la dieta);
in compenso sarebbero risultati positivi dei tests allergologici (presumo un RAST visto che si parla di IgE specifiche) per grano, segale, farina, orzo, e granoturco.
Un’allergia ai suddetti cereali, tuttavia, generalmente non si manifesta con la sintomatologia suddetta, per cui credo che la causa dei disturbi vada ricercata in altre condizioni, attraverso una anamnesi accurata ed un attento esame obiettivo.
In ogni caso, in presenza di un fondato sospetto diagnostico di celiachia, può essere opportuno sottoporsi ad esame endoscopico con biopsie della II-III porzione duodenale, anche se gli anticorpi (AGA, EMA, tTGA) sono negativi.

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Malattia da reflusso e celiachia

Da 6 anni a seguito di una dieta rigidissima i miei esami del sangue sono rientrati nella norma e dall’esito dell’ultima gastroscopia anche i villi risultano nella norma. Ma nonostante questi esiti diagnostici positivi purtroppo non posso dire di sentirmi in forma. In questi ultimi mesi in fase di digestione mi si presenta un gonfiore che parte dall’altezza dello stomaco e risale lungo l’esofago fino a provocare una sensazione di compressione nella gola e tutto ciò mi provoca una sensazione distordimento quasi stessi per svenire.E’ possibile che un’Esofagite di grado A, quindi non grave, possa portare (provocando questa risalita notevole d’aria lungo l’esofago) una situazione di malessere generale di questo genere??? 

Risponde: Dr. Italo De Vitis consulente scientfico dell’ A.I.C.

I sintomi da lei riferiti sono ” classici ” per quella che viene definita una MALATTIA DA REFLUSSO GASTROESOFAGEO,dovuta a disturbi prevalentemente motori e di incontinenza cardiale che comportano una ” risalita ” di secreto gastrico.Si sa che non esiste una stretta correlazione tra entità dei sintomi e entità del danno ,per cui a fronte di una esofagite di grado lieve come quella che Le è stata riscontrata vi sono dei sintomi molto irritanti e talora inquietanti.
Queste forme si curano con uso di farmaci appropiati come inibitori della pompa protionica e cosiddetti eucinetici,ma sopratutto con norme igienico alimentari tese a regolare non solo il pasto ma il modo di mangiare. Non esiste correlazione causa effetto con la celiachia ma se stando a dieta è aumentato di peso,questo aumento può contribuire a esaltare la sintomatologia. Quindi dieta… e non solo priva di glutine.

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Malattia da reflusso e celiachia

Quali sono i disturbi della malattia da reflusso associata con la celiachia?

Brevemente voglio raccontarvi la mia storia. Faccio parte di coloro che sono stati diagnosticati in età adulta. La mia diagnosi di celiachia è venuta dopo anni di continui disturbi di cui nessun medico riusciva a venirne a capo. Finchè all’età di 30 anni finalmente arriva la diagnosi di celiachia accolta con grande sollievo. In questi 6 anni a seguito di una dieta rigidissima i miei esami del sangue sono rientrati nella norma e dall’esito dell’ultima gastroscopia anche i villi risultano nella norma. Ma nonostante questi esiti diagnostici positivi purtroppo non posso dire di sentirmi in forma.
In questi ultimi mesi in fase di digestione mi si presenta un gonfiore che parte dall’altezza dello stomaco e risale lungo l’esofago fino a provocare una sensazione di compressione nella gola e tutto ciò mi provoca una sensazione di stordimento quasi stessi per svenire. E’ stata questa sensazione, non certo piacevole, che mi ha spinto un mese fa a fare una nuova gastroscopia, da cui risulta un’Esofagite di grado A secondo il sistema di Los Angeles. Ora mi chiedo è possibile che un’esofagite di grado A, quindi non grave, possa portare (provocando questa risalita notevole d’aria lungo l’esofago) una situazione di malessere generale di questo genere??? Qualcuno di voi ha vissuto un’esperienza?

Risponde: Dr. Italo De Vitis consulente scientifico dell’ A.I.C.

I sintomi da lei riferiti sono ” classici ” per quella che viene definita una MALATTIA DA REFLUSSO GASTROESOFAGEO, dovuta a disturbi prevalentemente motori e di incontinenza cardiale che comportano una “risalita” di secreto gastrico. Si sa che non esiste una stretta correlazione tra entità dei sintomi e entità del danno, per cui a fronte di una esofagite di grado lieve come quella che Le è stata riscontrata vi sono dei sintomi molto irritanti e talora inquietanti.
Queste forma si curano con uso di farmaci appropriati come inibitori della pompa protonica e cosiddetti eucinetici, ma sopratutto con norme igienico alimentari tese a regolare non solo il pasto ma il modo di mangiare. Non esiste correlazione causa effetto con la celiachia ma se stando a dieta è aumentato di peso, questo aumento può contribuire a esaltare la sintomatologia.
Quindi dieta… e non solo priva di glutine.

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Impatto della dieta senza glutine sulla salute

La salute delle persone celiache è più a rischio a causa della necessità di seguire una dieta senza glutine per tutta la vita? 

La qualità nutrizionale degli alimenti senza glutine, assimilabile a quella dei prodotti convenzionali con glutine, può comunque essere migliorata. Altrettanto importante è il monitoraggio della salute dei pazienti celiaci, oltre la celiachia, che permette di analizzare l’impatto complessivo della dieta senza glutine, al di là delle valutazioni sui singoli alimenti che la compongono. Non dimentichiamo, infatti, che la salubrità di una dieta è data dalla sua varietà ed equilibrio nell’abbinamento degli alimenti, secondo porzioni e frequenze che variano al variare della tipologia di alimento, dell’età e delle condizioni di salute oltre che dello stile di vita della persona. Nel 2013, la più importante rivista di Gastroenterologia internazionale, Gastroenterology (2013) pubblica studio sull’incidenza nei pazienti con celiachia di sindrome metabolica e diabete mellito di II tipo (entrambe patologie cronico-degenerative legate ad una scorretta alimentazione), che è più bassa rispetto ai soggetti non celiaci e alla popolazione generale (Celiac Center, Department of Medicine, Division of Gastroenterology, Beth Israel Deaconess Medical Center, Boston, Massachusetts). Nel 2011 su Nutrition, Metabolism & Cardiovascular Diseases si riporta che i bambini celiaci sovrappeso ed obesi in dieta senza glutine sono significativamente meno dei sovrappeso e obeso tra i controlli, cioè tra il campione non celiaco (Zuccotti, Milano).

Quindi, non si evidenzia un danno alla salute connesso all’assunzione dei prodotti senza glutine o della dieta gluten-free. Resta, per i celiaci come per tutti importantissimo l’attenzione alle linee guida generali per l’educazione alimentare.

Per approfondimenti scarica gli studi citati dalla FAQ:

1. file sindrome metabolica

2. file bambini sovrappeso

ultimo aggiornamento: ottobre 2015

Gonfiore addominale

Cosa fare se il gonfiore addominale persiste anche dopo l’avvio della dieta aglutinata?

risponde Prof. Umberto Volta, Presidente del CSN-AIC:

Il gonfiore addominale è un sintomo spesso presente nella storia clinica dei celiaci al momento della diagnosi. Anche se in una discreta percentuale di pazienti tale sintomo si risolve o si attenua significativamente dopo pochi mesi di dieta aglutinata, in molti casi il disturbo persiste ed è uno degli aspetti di cui i celiaci si lamentano maggiormente.
E’ ormai chiaramente stata dimostrata una stretta associazione fra celiachia e colite in senso lato che talvolta si manifesta con il semplice gonfiore (in termine scientifico meteorismo) e nella mia personale esperienza devo dire che almeno il 50% dei pazienti celiaci ne soffre. La dieta aglutinata spesso non risolve il problema, anzi talvolta acuisce il gonfiore stesso in relazione alla stipsi indotta dal nuovo regime alimentare.
Questo è il motivo per cui in una elevata percentuale dei pazienti celiaci è indicato l’uso di fermenti lattici in modo sistematico con un periodo di attacco anche di un mese continuativo e poi a cicli per alcuni giorni al mese.
Certo, non bisogna dimenticare che gli strappi alla dieta e le assunzioni involontarie di glutine possono anch’essi incrementare il gonfiore addominale, per cui in particolare nei soggetti con celiachia e colite è oltremodo importante associare la terapia con fermenti lattici ad uno strettissimo rispetto della dieta evitando al minimo i rischi di assunzione involontaria che naturalmente determinano un immediato peggioramento del gonfiore.
E’ chiaro che nel determinismo del colon irritabile un ruolo di primo piano è svolto dallo stress che altera gli equilibri del nostro intestino sia dal punto di vista immunologico che della flora batterica. E’ pertanto buona norma pe tutti coloro che soffrono di tale problema, indipendentemente dalla presenza della celiachia, cercare di ridurre al minimo gli stress.

Umberto Volta Presidente CSN-AIC

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Familiarità nella celiachia

Si può sviluppare la celiachia nei familiari anche se i loro esami sono negativi?

Domanda:
Vorrei sapere se è possibile che mia sorella risulti assolutamente negativa agli esami del sangue, ma abbia la celiachia.
E vero che si possono sviluppare varie forme di tumore per chi non segue bene la dieta?

Risponde il Dr. Italo De Vitis consulente scientifico A.I.C.

Abitualmente il paziente celiaco ha i test di screening positivi ,dal momento che un corretto approccio alla diagnosi prevede prima l’esecuzione dei test e di conseguenza la biopsie solo nei soggetti risultati positivi.
Esiste solo una possibilità nota che i test siano risultati negativi pur in presenza di una malattia celiaca:la contemporanea presenza di un DEFICIT di IgA,condizione questa legata geneticamente alla celiachia, e che condiziona la falsa negatività dei test di screening essendo questi basati sulla determinazione di anticorpi di classe IgA.
In questo caso occorre determinare gli stessi anticorpi -antiendomisio ed antitransglutaminasi – di classe IgG che in presenza di celiachia dovrebbero essere positivi.
Occorre tenere presente però che esistono altre patologie intestinali,anche comuni -alcune parassitosi per es.-, che possono dare segni di malassorbimento ed essere caratterizzare da atrofia dei villi, pur in assenza di malattia celiaca.Per quanto riguarda l’eventuale relazione con i tumori – in particolare tumori dell’apparato digerente ed il linfoma intestinale in particolare – esistono dati – in realtà un pò vecchiotti – in letteratura di una possibile maggiore incidenza degli stessi nei celiaci non a dieta.
Dati più recenti ridimensionano il problema ,specie per ciò che concerne il linfoma.Attenzione però,perché il celiaco non a dieta – anche se fortunatamente non sviluppa neoplasie – vive male e va incontro a patologie non neoplastiche che limitano notevolmente la sua qualità di vita e talora la vita stessa.

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Familiarità e celiachia

Sono figlia di madre celiaca e ho due fratelli celiaci, posso anch’io sviluppare la celiachia?

Risponde la Dr.ssa Elisabetta Fabiani:

Come già si saprà, i familiari di primo grado (figli, fratelli/sorelle, genitori) dei pazienti celiaci presentano un rischio pari a circa il 10 – 15% in più, rispetto alla popolazione generale, di sviluppare una malattia celiaca.
Le indagini che Lei ha effettuato fino ad ora (anticorpi antigliadina, antiendomisio ed antitransglutaminasi e la biopsia intestinale) non hanno, per il momento, confermato la presenza di una intolleranza al glutine.
Tuttavia, data la familiarità, suggerirei di eseguire la ricerca degli aplotipi di predisposizione genetica per la celiachia (HLA DQ2/DQ8), sottolineando che questo test ha importanza in senso negativo, ovvero il non riscontro dei suddetti geni esclude pressoché totalmente la possibilità di sviluppare nel tempo una malattia celiaca. La presenza invece di uno od entrambi i geni documenta soltanto la predisposizione genetica alla intolleranza al glutine e, quindi, la necessità di controllare i marcatori sierologici per la celiachia (ovvero, gli anticorpi antitransglutaminasi), ogni 2 anni circa o, prima, qualora dovessero comparire dei sintomi più o meno tipici (ad esempio, disturbi gastrointestinali, anemia con o senza sideropenia resistente alla terapia con ferro per via orale, comparsa di malattie autoimmune quali diabete mellito insulino-dipendente o tiroidite di Hashimoto, ecc.).
In occasione del prelievo di sangue per eseguire il controllo degli anticorpi antitransglutaminasi e la ricerca dei suddetti aplotipi HLA, Le suggerirei inoltre di effettuare la determinazione delle immunoglobuline sieriche di classe A, per escludere la presenza di un deficit selettivo delle IgA sieriche (condizione peraltro associata alla celiachia), in conseguenza del quale gli anticorpi antigliadina IgA, antiendomisio ed antitransglutaminasi, essendo appunto tutti di classe A, risultano ovviamente tutti normali. In tal caso,l’unico esame da controllare e da tenere dunque in considerazione è quello degli anticorpi antigliadina di classe IgG che, in presenza di un deficit selettivo delle IgA sieriche in un soggetto celiaco non ancora diagnosticato,risultano aumentati (non posso commentare il valore degli anticorpi antigliadina di classe IgG che Lei ha eseguito, dato che non ne sono stati riportati i valori di normalità). Infatti, la presenza di valori aumentati degli anticorpi antigliadina di classe IgG, unitamente a quella degli aplotipi HLA di predisposizione per la celiachia, costituiscono il criterio per eseguire/ripetere la biopsia intestinale.

Dr.ssa Elisabetta Fabiani Clinica Pediatrica, Università di Ancona

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Disturbi clinici e allergia al glutine

Test sierici negativi, pur accusando i disturbi tipici della celiachia

Domanda:
Presento da vari anni alcuni disturbi da malassorbimento, in particolare un costante ed esagerato gonfiore addominale, spesso accompagnato da dolori di pancia, meteorismo e pessima digestione, con alito cattivo e “rumori intestinali” che durano per varie ore dopo la fine del pasto, stipsi e rare volte diarrea; inoltre ho vari sintomi che potrebbero ricadere nel quadro della celiachia, come debolezza e mancanza di energia, pallore, pesantezza agli arti inferiori, e altre cose quali pressione bassa, colesterolo alto, prima mestruazione a quasi 20 anni, seppur nessun particolare problema di crescita (ora di anni ne ho 31).
Ho provato a seguire una dieta priva di glutine e questi sintomi sono scomparsi.
Ho quindi fatto le analisi del sangue per sospetta celiachia (antiendomisio, antigliadina igA, antigliadina IgG e antitransglutaminasi), che sono risultate negative, l’unico sospetto era dato dall’antigliadina igG con un valore (24) sulla soglia dell’intervallo di riferimento (0-25).
Oltre a queste analisi ho fatto anche alcuni esami allergologici e sono risultata allergica (classe 1 o 2 a seconda dei casi) a tutti i cereali per cui ho fatto il test IgE (grano, segale (farina), orzo, granoturco).

La mia domanda è: questa allergia può essere la responsabile dei sintomi riportati sopra? Converrebbe mica per caso procedere ugualmente anche con una biopsia, in caso rientrassi in uno di quei rari(?) casi di celiaci con esito negativo delle analisi del sangue?

Risponde : Prof. Antonio Calabrò consulente scientifico dell’A.I.C.
Cara Sandra,
i sintomi da lei denunciati sono molto vaghi e aspecifici e come tali potrebbero essere ascrivibili a patologie diverse (ad esempio oltre che alla malattia celiaca anche ad una sindrome da intestino irritabile);
alcuni elementi quali il menarca ritardato (a 20 anni), la stanchezza cronica, il gonfiore, i rumori (borborigmi) addominali e la buona risposta al tentativo di esclusione del glutine dalla dieta (cosa che tuttavia non andrebbe mai fatta prima di essere giunti ad una chiara diagnosi) tenderebbero ad avallare il sospetto clinico di celiachia, ma il dosaggio degli anticorpi anti-gliadina, anti-endomisio e anti-transglutaminasi ha fornito un risultato negativo (non è chiaro peraltro quanto tempo è durata la dieta priva di glutine e se gli anticorpi siano stati dosati durante o subito dopo la dieta); in compenso sarebbero risultati positivi dei tests allergologici (presumo un RAST visto che si parla di IgE specifiche) per grano, segale, farina, orzo, e granoturco. Un allergia ai suddetti cereali, tuttavia, generalmente non si manifesta con la sintomatologia suddetta, per cui credo che la causa dei disturbi vada ricercata in altre condizioni, attraverso una anamnesi accurata ed un attento esame obiettivo.
In ogni caso, in presenza di un fondato sospetto diagnostico di celiachia, può essere opportuno sottoporsi ad esame endoscopico con biopsie della II-III porzione duodenale, anche se gli anticorpi (AGA, EMA, tTGA) sono negativi.

Ultimo aggiornamento: novembre 2014